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Intestino Infiammato: sintomi, cause e rimedi
20 ottobre 2023

Intestino Infiammato: sintomi, cause e rimedi

Cos’è l’infiammazione intestinale

Un intestino infiammato è una condizione caratterizzata da un'infiammazione persistente o episodica che interessa la mucosa intestinale, localizzata nel tratto tenue, crasso o in entrambi. L'infiammazione intestinale può essere acuta o cronica e rappresenta il segno clinico di numerose patologie gastrointestinali, tra cui le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI).

Le principali patologie correlate all’intestino infiammato includono la colite ulcerosa, che colpisce il colon e il retto, e la malattia di Crohn, che può interessare qualunque segmento del tubo digerente, con maggiore incidenza nell’ileo terminale e nel colon. Entrambe le condizioni presentano un'infiammazione immunomediata, con implicazioni sistemiche e ricorrenti.

L’infiammazione può coinvolgere anche condizioni non organiche come la sindrome dell’intestino irritabile con componente infiammatoria, o presentarsi in forma reattiva a infezioni batteriche, virali o parassitarie.

Nei paragrafi successivi verranno analizzate le cause principali dell’intestino infiammato, le manifestazioni sintomatiche più comuni, la durata della condizione, le indicazioni alimentari e le strategie terapeutiche disponibili.

Cosa provoca l’intestino infiammato

Le cause di intestino infiammato sono multifattoriali e comprendono predisposizione genetica, disbiosi intestinale, infezioni gastrointestinali, dieta squilibrata, stress cronico e disfunzioni del sistema immunitario.

Le malattie infiammatorie intestinali hanno una componente genetica documentata: in soggetti con familiarità per colite ulcerosa o malattia di Crohn, il rischio di sviluppare queste condizioni è superiore rispetto alla popolazione generale.

La disbiosi intestinale, ovvero l’alterazione dell’equilibrio tra batteri benefici e patogeni nel microbiota intestinale, può favorire una risposta infiammatoria anomala della mucosa enterica, con conseguente aumento della permeabilità intestinale e attivazione dell’immunità innata.

Le infezioni enteriche causate da patogeni come *Salmonella spp.*, *Campylobacter jejuni*, *Clostridium difficile* ed *Escherichia coli* sono responsabili di forme di infiammazione acuta, talvolta persistenti anche dopo la risoluzione dell’evento infettivo (post-infectious colitis).

L’alimentazione ricca di grassi saturi, additivi, zuccheri raffinati e cibi ultra-processati contribuisce a infiammare l’intestino, alterando la barriera epiteliale e stimolando la produzione di citochine pro-infiammatorie.

Il coinvolgimento del sistema nervoso enterico nella regolazione dell’asse intestino-cervello spiega la correlazione tra stress cronico, ansia e comparsa di sintomi intestinali infiammatori, anche in assenza di lesioni organiche.

Nel prossimo paragrafo saranno descritti i sintomi che consentono di riconoscere un intestino infiammato nelle diverse fasi e forme cliniche.

Quali sono i sintomi di un’infiammazione intestinale

I sintomi di un intestino infiammato variano in base all’estensione, alla localizzazione e alla natura del processo infiammatorio, ma esistono manifestazioni cliniche ricorrenti che permettono di sospettare una condizione infiammatoria intestinale.

Il dolore addominale è uno dei sintomi più comuni e può presentarsi in forma crampiforme, diffusa o localizzata, spesso associato a sensazione di peso o gonfiore addominale.

La diarrea è un’altra manifestazione frequente. Può essere acquosa o contenere sangue e muco, indicando la presenza di lesioni ulcerative nella mucosa intestinale. Nelle fasi acute delle MICI, le evacuazioni possono superare le 6–8 al giorno.

In alcuni pazienti, l’intestino infiammato si manifesta con stipsi, soprattutto nei casi di coinvolgimento del colon distale o in presenza di alterazioni funzionali concomitanti come la sindrome dell’intestino irritabile.

Altri segni associati sono:

  • Meteorismo: presenza eccessiva di gas intestinale che causa distensione addominale;
  • Perdita di peso: spesso dovuta a malassorbimento o a ridotto apporto calorico per inappetenza;
  • Astenia: stanchezza cronica legata all’infiammazione sistemica e alla carenza di nutrienti;
  • Febbre: presente nei casi più gravi o complicati da infezioni sistemiche o ascessi;
  • Tenesmo rettale: sensazione di evacuazione incompleta o stimolo continuo alla defecazione.

Nel prossimo paragrafo verrà analizzata la durata dell’infiammazione intestinale in base alla causa sottostante e alla risposta ai trattamenti.

Quanto può durare un’infiammazione intestinale

La durata dell’infiammazione intestinale dipende dalla sua eziologia, dal tipo di patologia associata e dall’efficacia delle terapie intraprese. Le forme acute di infiammazione, come quelle da infezione batterica, virale o parassitaria, si risolvono in genere entro 1–3 settimane, a condizione che vengano trattate tempestivamente con farmaci appropriati.

Le forme croniche, come la colite ulcerosa e la malattia di Crohn, sono caratterizzate da periodi alternati di riacutizzazioni e remissioni. Le fasi attive della malattia possono durare da alcune settimane a diversi mesi, con sintomi di intensità variabile. Le remissioni possono protrarsi per anni, ma raramente indicano la risoluzione definitiva del processo infiammatorio.

La durata è influenzata anche da fattori individuali come l’aderenza alla terapia, il profilo genetico, il microbiota intestinale, lo stile di vita e la presenza di comorbidità.

In soggetti con sindrome dell’intestino irritabile con componente infiammatoria, la sintomatologia può essere cronica, intermittente e legata a fattori scatenanti come stress e alimentazione. In questi casi, l’infiammazione lieve può persistere a lungo e richiede una gestione personalizzata.

Nel prossimo paragrafo verranno forniti consigli alimentari utili per ridurre l’infiammazione e supportare la funzione digestiva in caso di intestino infiammato.

Cosa mangiare quando si ha l’intestino infiammato

In presenza di intestino infiammato, la dieta svolge un ruolo centrale nella riduzione dei sintomi e nel supporto alla mucosa intestinale. L’alimentazione deve essere adattata alla fase acuta o di remissione e alla tolleranza individuale agli alimenti.

Durante le fasi attive dell’infiammazione intestinale, si raccomanda una dieta a basso residuo:

  • Riso bianco, semolino, pasta raffinata;
  • Carni magre (pollo, tacchino, coniglio) cucinate al vapore o bollite;
  • Pesce bianco (merluzzo, sogliola, platessa);
  • Verdure cotte e passate, evitando quelle fermentabili (cavoli, legumi);
  • Banane, mele cotte, patate lesse;
  • Latte delattosato o yogurt senza zucchero solo se tollerati.

È necessario evitare:

  • Fritture, insaccati, formaggi stagionati;
  • Bevande alcoliche e gassate, caffè e tè concentrati;
  • Cibi piccanti, salse industriali, conservanti e additivi alimentari.

Durante le fasi di remissione è possibile reintrodurre gradualmente le fibre, preferendo quelle solubili (avena, mela, carota) e monitorando la risposta dell’organismo. I probiotici possono essere utili nel ripristinare l’equilibrio del microbiota intestinale, se approvati dal medico.

Nel prossimo paragrafo saranno descritte le principali opzioni terapeutiche per curare e ridurre l’infiammazione intestinale.

Come si cura e si sfiamma l’intestino

Il trattamento dell’intestino infiammato si basa su una combinazione di terapia farmacologica, modifiche alimentari, gestione dello stress e, in casi selezionati, intervento chirurgico.

I farmaci utilizzati comprendono:

  • Aminosalicilati (es. mesalazina): indicati per la colite ulcerosa, riducono l’infiammazione mucosale;
  • Corticosteroidi (es. prednisone): efficaci nelle fasi acute ma sconsigliati per uso prolungato a causa degli effetti collaterali sistemici;
  • Immunosoppressori (azatioprina, metotrexato): modulano la risposta immunitaria nelle forme croniche;
  • Farmaci biologici (anti-TNF, anti-integrine): usati nei casi refrattari, mirano a bloccare specifiche citochine infiammatorie.

La gestione nutrizionale è integrata alla terapia farmacologica, con piani dietetici personalizzati e, nei casi più gravi, con nutrizione enterale o parenterale.

La riduzione dello stress attraverso tecniche come il training autogeno, la mindfulness o lo yoga può migliorare la funzionalità intestinale e ridurre le riacutizzazioni.

L’attività fisica moderata è raccomandata in fase di remissione per il suo effetto antinfiammatorio sistemico e per il miglioramento della motilità intestinale.

In presenza di complicanze come fistole, stenosi o emorragie, può rendersi necessario l’intervento chirurgico per la resezione del tratto intestinale colpito.

ECCO Guidelines on Therapeutics in Crohn’s Disease: Medical Treatment – J Crohn’s & Colitis, 2024
Bertolino C., Garrone A., Astegiano M. et al., Malattie infiammatorie croniche intestinali: epidemiologia in provincia di Cuneo – Rivista SIMG, 2023